
L’espressione “equalizzare una sala” è stata udita talmente tante volte che difficilmente ci si sofferma a pensare cosa significhi letteralmente. È un tema molto controverso – in pratica, significa regolare un equalizzatore secondo i propri gusti ed è possibile farlo in vari modi – ma tutti concordano su una cosa: non è possibile modificare l’architettura di una sala con un equalizzatore. Si può invece equalizzare la risposta del sistema di diffusori – dove si inserisca la sala in tutto questo è oggetto di dibattito, ma ha conseguenze pratiche reali sull’approccio all’allineamento del sistema audio.
Supponiamo di avere un sistema di diffusori con una risposta in frequenza in campo libero piatta, ovvero, che non necessiti di equalizzazione: le tipologie di interazione che modificano la risposta in frequenza di una sala sono tre:
- l’interazione tra i diffusori
- l’interazione dei diffusori con la sala stessa
- gli effetti delle condizioni dinamiche di temperatura, umidità e variazione del coefficiente di assorbimento
Premesso che le prime due tipologie sono il risultato della somma di più sorgenti in uno spazio acustico – diffusore/diffusore, diffusore/riflessioni – le soluzioni per queste interazioni sono strettamente correlate. Gli effetti della terza tipologia di interazioni sono minori rispetto ai primi due, pertanto non ne tratteremo in questa occasione.
Sia i problemi risultanti dall’interazione tra i diffusori, sia quelli originati dall’interazione diffusori/sala, possono essere risolti utilizzando un equalizzatore (altrimenti non si spiegherebbe perché da oltre trent’anni a questa parte i tecnici audio abbiano questi dispositivi tra il loro equipaggiamento), ma l’equalizzatore, nella pratica, può fornire le soluzioni giuste solo se applicato assieme ad altre tecniche, come la modifica dell’architettura, il posizionamento corretto dei diffusori e l’impostazione di ritardo e livello.
In quale misura l’interazione diffusore/sala sia equalizzabile, è stato oggetto di dibattito per anni e ogni sistema di misurazione acustica ha avuto i suoi sostenitori. Equalizzare gli effetti della sala sul sistema di diffusori è controverso per via della relazione storica tra equalizzatori ed analizzatori. Saliamo a bordo della macchina del tempo e analizziamo l’approccio utilizzato in passato.
Negli anni ’70 l’allineamento dei sistemi gravitava attorno ad uno strumento rudimentale, l’analizzatore in tempo reale (Real-Time Analyzer – RTA) utilizzato con un dispositivo complementare, l’equalizzatore grafico. L’analizzatore mostrava la risposta in ampiezza sulla frequenza con una risoluzione di 1/3 di ottava e l’equalizzatore poteva essere regolato fino a creare una risposta inversa, producendo una risposta combinata piatta. Imparare a giocherellare con le manopole dell’EQ grafico fino a raggiungere l’allineamento di tutti i LED sull’RTA richiedeva un livello davvero minimo di abilità, era semplicissimo e avrebbe potuto farlo chiunque, si pensi anche con quali mediocri risultati: questi strumenti, che all’epoca erano lo standard, avevano in realtà grosse limitazioni.
L’RTA non disponeva di informazioni sugli aspetti temporali della risposta del sistema. Non forniva informazioni sulla fase né alcuna indicazione sull’ordine di arrivo dell’energia al microfono, non era in grado di distinguere il suono diretto dal suono riverberante, né indicava se le variazioni di risposta erano dovute esclusivamente all’interazione tra i diffusori e/o anche all’interazione diffusore/sala.
Non era di alcun aiuto nel rilevare la presenza di criticità a livello di posizionamento dei diffusori, impostazioni del ritardo e acustica architettonica, non forniva alcuna indicazione sul fatto che la risposta al microfono fosse in qualche modo correlata al segnale che entrava nei diffusori e forniva un rapporto sullo stato dell’energia acustica al microfono senza alcun quadro di riferimento sulle probabili cause di picchi e cali di risposta (picchi e cali dovuti alle riflessioni primarie nella sala o alle interazioni dei diffusori – che avrebbero potuto rispondere favorevolmente all’equalizzazione – o alle riflessioni secondarie).
In pratica, un sistema del tutto inintelligibile sarebbe potuto risultare identico a uno perfettamente cristallino. La risoluzione in frequenza a 1/3 d’ottava era totalmente insufficiente per decisioni di allineamento critiche e vi era l’idea sbagliata che occorresse un sistema abbinato analizzatore/filtri.
L’assenza di queste informazioni fondamentali ha fatto sì che molti utenti si convincessero che l’equalizzazione fosse l’unico parametro critico per l’allineamento del sistema. In molti casi, si è tentato con gli equalizzatori di correggere problemi che non avrebbero potuto essere risolti e che potevano solo peggiorare. Molti ingegneri hanno concluso che le loro orecchie, assieme al buon senso, potevano fornire risultati migliori rispetto all’analizzatore seguito ciecamente.
All’inizio degli anni ’80 sono state introdotte – e accettate – due nuove tecniche di analisi: TDS (Time Delay Spectrometry) e FFT a doppio canale, due sistemi con capacità completamente nuove, tra cui la misurazione della risposta di fase, la capacità di identificare gli echi e la risposta in frequenza ad alta risoluzione. Grazie a queste nuove tecnologie, un’accozzaglia inintelligibile non avrebbe più potuto essere scambiata come l’obiettivo da raggiungere su un analizzatore. La complessità di questi analizzatori richiedeva un professionista ben addestrato.
I sostenitori di entrambi i sistemi hanno sottolineato la necessità per i tecnici di utilizzare tutti gli strumenti, non solo gli equalizzatori, per porre rimedio alle anomalie di risposta. Quando possibile, dovevano essere tirati in ballo linee di ritardo, posizionamento dei diffusori, ottimizzazione del crossover e soluzioni architettoniche. Ma sulla questione “dell’equalizzazione della sala” è emersa una divisione. Se tutte le parti hanno convenuto che l’interazione diffusore/diffusore fosse in qualche modo equiparabile, il disaccordo critico riguardava la misura in cui l’interazione diffusore/sala avrebbe potuto essere compensata dall’equalizzazione.
I sostenitori del sistema TDS ritenevano che l’interazione diffusore/sala non fosse affatto equalizzabile e quindi, il sistema di misurazione avrebbe dovuto escludere l’interazione diffusore/sala, lasciando solo la parte equalizzabile del sistema di diffusori sullo schermo dell’analizzatore e applicando l’inverso della risposta tramite l’equalizzatore – questo è quanto si dovrebbe fare. Il sistema TDS è stato progettato per escludere gli effetti della risposta in frequenza delle riflessioni dalle sue misurazioni, che sono in grado di mostrare chiaramente l’interazione diffusore/diffusore di un cluster e fornire dati utili per l’ottimizzazione.
Un tale approccio può essere efficace nelle gamme di frequenza media ma è meno efficace con le basse frequenze che hanno periodi così lunghi che è impossibile ottenere dati ad alta risoluzione senza registrare a lungo, consentendo così alla sala di entrare nella misurazione.
Gli analizzatori FFT a doppio canale utilizzano lunghezze del tempo di registrazione variabili. Le misurazioni rivelano una proporzione costante di suono e riflessioni primarie, l’area più critica in termini di qualità sonora percepita di un sistema di diffusori. Con l’approccio FFT, sempre più sala entra nella risposta al diminuire della frequenza. Questo è appropriato perché alle basse frequenze l’interazione sala/diffusore è ancora all’interno della finestra di equalizzazione pratica.
Sebbene sia possibile dimostrare teoricamente che gli effetti della risposta in frequenza di un singolo eco possano essere completamente compensati, ciò non significa che sia conveniente o desiderabile. La soppressione può essere eseguita solo se il livello relativo dell’eco non è uguale o superiore a quello del segnale diretto e se non si verificano altre circostanze speciali che diano origine ad un ritardo eccessivo.
Se il livello diretto e il livello dell’eco sono uguali, il calo causato dalla cancellazione risulta molto profondo e il filtro corrispondente richiesto per equalizzarlo è un picco infinito. La compensazione della risposta richiede filtri di larghezza di banda regolabili in grado di creare un inverso per ciascun picco del filtro a pettine e abbassare la risposta. Man mano che l’eco aumenta sarà necessario un numero crescente di filtri sempre più restrittivi (sarebbe folle tentare di rimuovere tutta l’interazione anche in un singolo punto della sala. In concreto, non ha senso attaccare ogni minimo picco e calo, ma piuttosto inseguire i recidivi più grandi).
È possibile e pratico sopprimere alcuni degli effetti dell’interazione diffusore/sala (diversamente, si equalizzerebbe la propria attrezzatura in studio prima di partire per un live) ma occorre essere realistici su ciò che è raggiungibile e su quali sono i mezzi migliori per arrivarci.
Le variazioni nella risposta in frequenza dovute sia all’interazione diffusore/diffusore sia all’interazione diffusore/sala cambieranno sempre con la posizione. Esaminati i dati ad alta risoluzione in più posizioni, non è possibile tornare a pensare che l’equalizzazione risolverà i problemi a livello globale. Un sistema che ha la quantità minima delle interazioni trarrà più vantaggi dall’equalizzazione.
I moderni analizzatori sono in grado di visualizzare una serie vertiginosa di dati spettrali, ma per sfruttare al massimo i vantaggi dell’equalizzazione è necessario comprendere integralmente come identificare i meccanismi che “disequalizzano” il sistema. I sistemi più moderni permettono di analizzare la risposta in modo tale che i fattori interattivi dei sistemi di diffusori possano essere sintetizzati e visualizzati separatamente. Ciò consente al tecnico che gestisce l’allineamento di preparare la strada per un’equalizzazione di successo utilizzando altre tecniche che riducono l’interazione e massimizzano l’uniformità nel sistema. “Equalizzare la sala” rimarrà il dominio degli acustici architettonici, ma grazie all’impiego di strumenti e tecniche avanzate, è possibile equalizzare al meglio il sistema di diffusori nella sala.